1/14/2012

Giocare con l’arte. Bruno Munari e i bambini (1)

Giocare è una cosa seria!
I bambini di oggi sono gli adulti di domani
aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi
aiutiamoli a sviluppare tutti i sensi
aiutiamoli a diventare più sensibili.
Un bambino creativo è un bambino felice!
E Munari si può definire un bambino felice. Felice perchè ha vissuto a contatto con la natura
"Quando era ragazzino, Munari, - racconta Beba Restelli - cresciuto a Badia Polesine, una piccola cittadina del Veneto, vicino al fiume Adige, trascorreva molte ore accanto alla ‘Macchina galleggiante’ sull’acqua «ad ammirare lo spettacolo continuo dei colori, delle luci, dei movimenti della Grande Ruota». Osservava la Grande Ruota che dal fiume pescava penne di gallina, pezzi di carta, foglie di alberi, «alghe ed erbe acquatiche verdi come il vetro morbido», in uno scintillio di gocce, con un rumore di pioggia e con un odore misto di farina, acqua, terra e muschio... Un bambino dunque ‘immerso’ nella natura con tutti i sensi, contemplatore attivo, attento alla natura in movimento, all'azione dell’acqua e dell’aria... suggestioni potenti che saprà poi trasformare in creazioni artistiche e far vedere anche a noi in un altro modo il mondo in cui viviamo". 
«Conservare lo spirito dell'infanzia dentro di sé per tutta la vita, vuol dire conservare la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare». 
Questa frase  esprime non solo la filosofia di vita di Bruno Munari, ma costituisce uno degli obiettivi più importanti che si prefiggono i laboratori: aiutare i bambini a non perdere il senso della curiosità.
«I bambini di oggi sono gli adulti di domani», ripeteva spesso Munari, affermando che la sua opera più importante erano proprio i laboratori per bambini.
«Fin da ragazzo - racconta Munari - sono stato uno sperimentatore..., curioso di vedere cosa si poteva fare con una cosa, oltre a quello che si fa normalmente».
«Durante l’infanzia – scrive l’artista – siamo in quello stato che gli orientali definiscono Zen: la conoscenza della realtà che ci circonda avviene istintivamente mediante quelle attività che gli adulti chiamano gioco. Tutti i ricettori sensoriali sono aperti per ricevere dati: guardare, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido e il duro, il ruvido e il liscio, i colori, le forme, le distanze, la luce, il buio, il suono e il silenzio… tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione.
Poi si diventa adulti, si entra nella ‘società’, uno alla volta si chiudono i ricettori sensoriali. Non impariamo quasi più niente, usiamo solo la ragione e la parola e ci domandiamo: quanto costa? A cosa serve? Quanto mi rende?»

E l’artista si chiede con una certa preoccupazione come sarà l’ ‘uomo del futuro’. Forse senza naso e senza orecchi, perché non bada più al rumore e agli odori... Così lo disegna nel suo libro Da cosa nasce cosa e invita i designers a progettare tenendo presenti tutti i recettori sensoriali.
Inventore, artista, scrittore, designer, architetto, grafico, egli quindi amava giocare con i bambini, evidenziando così l'importanza del gioco, dell'azione insieme ai bambini. 
"Non potendo cambiare gli adulti, ho scelto di lavorare sui bambini perché ne crescano di migliori. E una strategia rivoluzionaria quella di lavorare sui e con i bambini come futuri uomini". E ancora: "Ci dobbiamo occupare dei bambini e dare loro la possibilità di formarsi una mentalità più elastica, più libera, meno bloccata, capace di decisioni. E direi, anche un metodo per affrontare la realtà, sia come desiderio di comprensione che di espressione. Quindi, a questo scopo, vanno studiati quegli strumenti che passano sotto forma di gioco ma che, in realtà, aiutano l'uomo a liberarsi".
Il suo sogno di artista e di educatore, più che di didatta, era quello di promuovere un futuro migliore in una società migliore, fatta di uomini creativi e non ripetitivi.

"I bambini crescono male - diceva - perché si cerca di imporre loro il pensiero degli adulti". E citava Lao Tse: "Produzione senza appropriazione, Azione senza imposizione di sé, Sviluppo senza sopraffazone", uno dei principi ispiratori del suo metodo. Il suo sogno era quello di promuovere una società fatta di uomini creativi e non ripetitivi.
Un progetto di vita che ha contribuito a rendere l’artista nei suoi ultimi anni sereno e fiducioso, consapevole di avere gettato semi fecondi...

1/13/2012

Nascita dei laboratori: il gioco e la didattica (2)

Fedele, quindi, alla sua utopia di un mondo migliore, Munari realizzò in seguito i laboratori: Giocare con l'arte, che si prefiggono di stimolare la creatività e il pensiero progettuale nei bambini.
Un progetto per il futuro, in una società dove il bambino possa essere riconosciuto come una persona e non come un adulto in miniatura. Già Walter Benjamin prima e Roland Barthes poi avevano intuito l'esigenza dei bambini di inventarsi e di costruirsi da sé il proprio mondo, senza doverlo prendere già dotato di significalo dagli adulti. 
E' con la nascita nel 1940 di suo figlio Alberto che Munari papà comincia a pensare alla realizzazione di giochi e libri per un nuovo bambino... oggetti trasformabili e manipolabili, spesso "non finiti", da completare in piena libertà.

Negli ultimi anni l'artista e didatta ripeteva spesso: 
"Stiamo facendo una rivoluzione, ma attenzione, diciamolo sottovoce, potrebbero sentirci. Un bambino creativo diventerà un adulto, una persona libera, una persona pericolosa...".
Infatti, la creatività è sinonimo di pensiero divergente, capace di rompere gli schemi, di essere originale e saper uscire dagli schemi vuol dire acquisire un'intelligenza che sa cambiare opinione quando la ritiene più giusta, un'intelligenza che impara a guardare la realtà in modod autonomo, senza conformarsi a idee precostituite.

Di qui l'importanza dei giochi come forma di apprendimento, giochi per una esperienza sensoriale globale, che "abitueranno il bambino a ridere apertissimamente", a sviluppare l'immaginazione e la sensibilità.
Eccoci dunque arrivare a Giocare con l'arte. L'idea viene sviluppata nel corso di una serie di seminari promossi da Franco Russoli, Soprintendente alla Pinacoteca di Brera, per la progettazione di un "Museo vivo". L'anno seguente, nel 1977, nasce il primo laboratorio nella stessa Pinacoteca. 
"L'unico problema che abbiamo - diceva Munari - è quello di non lasciarci travolgere dai bambini, che non smetterebbero mai di giocare, di scoprire nuove cose, attraverso tutte le loro potenzialità sensoriali. Senza limitazioni di alcun tipo".

(…) Giocare per imparare. Che il bambino impari di più facendo piuttosto che ascoltando, in libertà piuttosto che in costrizione, non è un'idea nuova. L'hanno già detto in molti: da Dewey alla Montessori, da Freinet a Claparéde fino a Piaget per non citare che i più noti. Scoperta, creatività, gioco, sono concetti strettamente legati, attività connesse,tanto nel bambino che nell'adulto. Il gioco stesso ha spazi e tempi propri. Il gioco si attua in quello che Winnicot chiama spazio transizionale e quindi anche di transizione tra ego e non ego, una sorta di terra di frontiera, un intervallo, un limite, come il limite tra lo spazio della creatività e quello dell'arte. Giocare con l'arte diventa allora occasione migliore per vivere un'esperienza creativa, anche casuale. Lo spazio transizionale del gioco deve e può essere libero di valori, ma non di regole. Le regole danno sicurezza al gesto, all'azione, al gioco dell'immaginazione.


Come il giorno e la notte


la regola e il caso sono due contrari

come la luce e il buio
come il rosso e il verde
come il caldo e il freddo
come l’umido e il secco
come il maschile e il femminile.
La regola dà sicurezza,
la geometria ci aiuta a conoscere le strutture
o a costruire un mondo nel quale
ci possiamo muovere senza paure.
Il caso è l’imprevisto
a volte terribile
a volte piacevole
l’incontro con una persona
con la quale si stabilisce subito
un contatto di simpatia o di amore,
l’esplosione di una idea risolutrice
la scoperta di un fenomeno.
La regola nasce dalla mente
si costruisce con la logica
tutto è previsto
con la regola si può pianificare un programma.
Il caso nasce dal clima
dalle condizioni ambientali, sociali,
geografiche, dai recettori sensoriali.
Un odore di eucaliptus
la forma di un sasso
il ritmo delle onde del mare...
La regola, da sola è monotona
il caso da solo rende inquieti.
Gli orientali dicono:
La perfezione è bella ma è stupida
bisogna conoscerla ma romperla.
La combinazione tra regola e caso
è la vita, è l’arte
è la fantasia, è l’equilibrio.

Bruno Munari, Verbale scritto

1/12/2012

Munari e Rodari

Metodo attivo e scientifico
Bruno Munari e Rodari hanno molti punti in comune e nei loro laboratori con i bambini hanno applicato i principi fondamentali della "pedagogia attiva". Nei primi anni Cinquanta era nato in Italia un movimento laico, il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE), la cui attività tende al rinnovamento dei metodi e dello spirito della scuola. Rodai è una figura legata al Movimento di Cooperazione Educativa. Rodari è stato un educatore che ha lasciato un segno profondo nella storia del pensiero e della pratica educativa: “[…] seguiva da osservatore partecipe e attento l’attività del Movimento di Cooperazione Educativa, alla cui sperimentazione diede qualche contributo, senza temere l’accusa di spontaneismo che talvolta veniva rivolta agli e alle insegnanti più creativi”
Rodari lavora sulla potenzialità ludica della parola, colta come un frammento semantico su cui è possibile innestare combinazioni cognitive molteplici: 
“[…] una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere”. 
In Rodari la creatività è la capacità di manipolare la realtà, di inventare storie, fare ipotesi e progetti. Egli rivendica il diritto del bambino a costruire la propria conoscenza; in tal senso, l’educatore deve trasformarsi in “animatore, in promotore di creatività”: deve promuovere attività che comprendano tutte le discipline, all’interno delle quali il bambino diventi un creatore e produttore di valori e di cultura, rendendo la sua mente sempre più sensibile ai processi cognitivi divergenti, alla critica e al dissenso, al coraggio dell’utopia.

Come per Rodari la scrittura è testimonianza di libertà, così per Munari il segno è invenzione efficace, libera e irriverente nei confronti delle convenzioni. L’accostamento, anche casuale, di forme o parole fa volare lontani con l’immaginazione e tutto può essere proposto sotto forma di gioco.
La creatività, nell’impiego delle parole di Rodari e delle immagini per Munari, non è fine a se stessa, ma svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo autonomo del pensiero.

La creatività, per Gianni Rodari, poggia sull’immaginazione, che è una capacità comune a tutti gli uomini, e può essere incrementata attraverso l’educazione. La sua radice è sempre la realtà, il suo punto di partenza è l’esperienza, ma, proprio per questo, è necessario che il bambino “possa crescere in un ambiente ricco di impulsi e di stimoli, in ogni direzione”. Attraverso lo sviluppo di un atteggiamento creativo si forma l’uomo completo, quell’uomo capace di mutare la società proprio perché sa usare la propria immaginazione, un uomo indipendente e libero.
La creatività è sinonimo di pensiero divergente, capace di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza:
È creativa una mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti, che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi”. 
Giocare con le cose serve a conoscerle meglio; d’altra parte coloro che sono portatori di una maggiore quantità di conoscenze sono anche potenzialmente portatori di una maggiore possibilità di rielaborarle in maniera creativa.

Anche per Munari la creatività esige un’intelligenza elastica, una mente libera da preconcetti d’ogni genere, pronta a modificare le proprie opinioni quando se ne presenta una “più giusta”, in quanto la creatività si forma e si trasforma continuamente.
Nel 1974 Munari scrive l’articolo Proposta di una scuola di design che comincia dall’asilo.
La metodologia, la creatività e l’autocritica, sono per lui indispensabili per formare individui con una particolare mentalità di tipo progettuale, i bambini devono poter sperimentare in modo graduale strumenti e regole, manipolare materiali, affinare la capacità di osservare e memorizzare nuovi dati, scambiare le proprie esperienze con quelle altrui.
Secondo Munari non si può stabilire un confine preciso tra fantasia e creatività, in quanto i prodotti di entrambe nascono da relazioni che il pensiero stabilisce con ciò che già conosce. È evidente che non si possono intrecciare relazioni tra ciò che non si conosce: un individuo di cultura limitata non potrà avere una fantasia molto fervida.
“Se vogliamo che il bambino diventi una persona creativa, dotata di fantasia sviluppata e non soffocata dobbiamo fare in modo che memorizzi più dati possibili, nei limiti delle sue possibilità, per permettergli di fare più relazioni possibili, per permettergli di risolvere i propri problemi ogni volta che se ne presentano”. 
La creatività va insegnata e stimolata attraverso il processo educativo: consegnando al bambino gli strumenti indispensabili per la sua conoscenza, e utili per attivare il pensiero divergente.

Rodari e Munari sono due artisti accomunati dalla finalità pedagogica del loro metodo creativo, ossia la ferrea convinzione che rapportarsi ai bambini non significhi tradurre per loro la realtà banalizzandola, sottovalutando le loro potenzialità conoscitive, quanto piuttosto spiegare loro, mediante i mezzi più consoni, concetti anche complessi.
Nel perseguire il loro obiettivo, entrambi procedono con leggerezza, facendo tesoro della possibilità liberatoria offerta dall'invenzione, nella convinzione che la “sospensione”, il non dire tutto, stimoli ulteriormente la fantasia. risolvere i propri problemi autonomamente e senza condizionamenti.
Insieme hanno lavorato in diverse occasioni.